Le sento, ora
nella stanza imbottita
di frammenti
le ventole meccaniche
arrugginite
che girano
e girano
alitando fumo all’anice
coprendo l’attesa della tua voce sempre forte e sicura
che ho sentito piangere e cantare
quando il resto pretendeva noiose claustrofobie morali
Mi hai chiesto di andare e io sono andato
il cuore sempre fragile s’è affidato all’impulso
di chi ha dato sempre tutto
senza la pretesa di ricevere mai nulla in cambio
restando fottuto
ma non avendone mai abbastanza di dare di essere
vita. Che ora sono anch’io rinchiuso nella tua testa.
Che vorrei restarci, per sempre amore mio, di sera.
Che a volte mi sento troppo solo senza le tue parole scomposte
animarmi l’intelletto
raccontarmi la tua storia
fregandotene della mia
lasciandomi aspettare
poiché sai che il tempo è solo percezione
nonostante gli eventi accadano senza un motivo
nonostante sapessi che quelli come noi cadranno sempre in piedi
col corpo vuoto fino all’essenza
che diventa nebbia
che perde sapore
col ventre che vacilla
a ogni nuova iniezione
col tutto o col niente
che precario
escogita nuove formule
come situazioni
stati d’animo di eterna indecisione
come canzoni che ricordi troppo a lungo
come vite parallele
che scorrono
assieme alla tua –
di quelle nate in un istante
di quelle piccole
di quei momenti
in cui basta un semplice sguardo
per creare l’opposto
la linea invisibile
che percepiamo
quando
ci manca qualcosa
o crediamo di essere
perduti.
E ci spiano
e ci ricordano
di tanto in tanto
che sarebbe
tutto più facile
farla finita
tirarla questa linea
e spostarsi dall’altra parte
e guardare per un po’
cosa succede. Forse
ne usciremo sconfitti
ogni volta che il flusso
escreta nuove sostanze.
Ma ciò che conta è la notte. E
ti ho portato in alto sulle spalle
lasciandomi accarezzare la fronte
di chi fa finta di dormire
quando in autunno cadono
le foglie morte del jazz
mette la musica giusta
e ride quando deve
e si passa la mano fra i capelli
e sai cosa le piace
e vivete la vita sotto la stessa luce
sono anch’io. E la distanza
come spettro annulla la proiezione
del bambino che vorrei essere
Non importa se pioverà
troverò il tuo riparo in ogni tiro d’erba che mi porterà alla paranoia
“non pensare” mi dicevi
le tue dita si tendevano e mi sfioravano la bocca
lenzuola bianche trasparenti avvolgevano le tue forme
guance livide come spade scalfivano la notte
cercando le mie mani
trovando silenzio e accettazione
E tu lo sapevi che in realtà non c’ero
che in realtà io pensavo
“non pensare” mi dicevi
e invece io pensavo.