Ingoio aria
al buio, disteso-
ruvide mani
colorate di bianco
guariscono sulla testa-
unghie stanche
riposano
incorniciate dal sangue.
La situazione è in caldo
nonostante sia inverno,
affanno si muove
aspettando
la chiamata giusta.
Tu sai sempre quando arrivare:
porti via con te
la puzza di stantio
e mi abitui
alla rivoluzione.
E’ tutto giorno che accumulo
cosa ne sarà
se non me ne libero?
Gli altri (e me)
sono peccatori contronatura,
sospese gabbie, vuote
pesanti, fredde, corpicini
incolori, poveri
maciullati nella bocca.
Ho un panno sulla faccia
e mastico
e sputo desideri.
Madre pulisci l’ansia
scarica l’inchiostro
non dirmi
che la storia è solo questa.
Racconta di come
ci si abitui alla pochezza,
a saperlo
avrei risparmiato sulle emozioni.
Sinceramente
mi aspettavo qualcosa in più.
Il mio corpo
è un contenitore
troppo piccolo
per contenere tutto
questo.
A un certo punto
ho interrotto
l’andamento ordinato del caos
spegnendomi
in una buonanotte
e in essa
non so cos’ero
non so che ore sono,
se è giorno o notte
se sono materia o invenzione.
Mi lascio andare
assieme alle cose che vanno dimenticate,
quelle che
vanno in giro, da qualche parte
per l’universo.